sabato 18 giugno 2016

Naadam - La corsa a cavallo


Ogni anno in estate la Mongolia dai vasti spazi si anima di festa: il Naadam. Occasione d’incontro per le genti, nomadi o meno, che si riuniscono in luoghi prescelti per socializzare e condividere svaghi, pasti, chiacchiere, un poco di tempo e vita e spesso l’inizio di un lungo tempo insieme.

Durante i Naadam si cercano e trovano compagni di vita.

La corsa a cavallo è un momento importante del Naadam, una sfida tra ragazzini molto sentita anche dalle famiglie.
Mi piace pensare che per i cavallerizzi non sia solo una competizione ma sia soprattutto un’espressione della gioia di libertà, più facile da provare correndo senza freni nelle distese mongole, spoglie di ostacoli fisici e piene di promesse di emozioni.


Poco distante da Ulaangom, una cittadina nel nord-ovest della Mongolia, vado a unirmi alle famiglie in festa.
Loro sono arrivati a cavallo o in moto, qualcuno in fuoristrada. Tanti non si vedono da almeno un anno, dall’ultimo Naadam, e la festa sorge spontanea nel ritrovarsi. Tanti racconti da scambiarsi, abbracci, lacrime e sorrisi mentre, nello stare insieme, la festa cresce.

Cammino fino in cima a una collinetta dove un gruppo aspetta la corsa pronto a cogliere il minimo segno che sbuca lontano tra la terra polverosa e il cielo.
Chi apparirà per primo?

La corsa è partita già da tempo, da dietro la montagna.
Anch’io osservo con trepidazione il piano deserto, segnato dalle tracce dei fuoristrada che accompagnano la gara. Tutto è ancora immoto, se non per qualche piccola onda di terra spinta dal vento che di tanto in tanto percorre la distesa come di slancio, sembra che anch’esso si diverta.

Non ho idea di quando spunteranno i primi corridori.
Scendo la collinetta per raggiungere i giochi dell’attesa, attenta però a qualsiasi sussulto di chi continua a scrutare la terra piatta e arida ma feconda di visioni.

Finalmente un puntino appare lontano e in breve riconosco un fuoristrada.
Solo pochi secondi ed ecco sollevarsi dietro l’auto una nuvola bassa e irregolare di polvere che avanza: non è il vento stavolta, sono i cavalieri!

La gente sorride e acclama mentre i cavalli si avvicinano al galoppo.

Corsa sfrenata e libera sulla terra nuda. Niente barriere né intralci. Via di corsa ad afferrare il sogno e a materializzarlo.


I corridori arrivano, cavallo e cavaliere un solo essere senza sella interposta, pelle a pelle e cuore a cuore correndo nella libertà inebriante a modo loro, dimenticando a un certo punto persino l’obiettivo, presi dalla gioia dell’azione spontanea e naturale.

Sono in questi momenti elementi di energia al pari del vento, del sole, della terra; pura vita, immemori o incuranti del prestigio, reverenza, fama che investiranno i primi al traguardo.

Pienezza dell’essere.


All’arrivo il padre di ciascun cavaliere li attende. Amore-orgoglio paterno, dolcezza. Ambizione-lustro-potere paterno, durezza.

Sfilano poi in coppia, cavallo-cavaliere e genitore, fiero il padre, un poco incerto e frastornato, come restio ad abbandonare il canto libero, il centauro.



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